12/2009 - Matteo Torterolo, Rockerilla

di Matteo Torterolo da Rockerilla 352 [dicembre 2009]

gruppo nanou è uno dei protagonisti più interessanti del movimento che da qualche anno sta tentando di risvegliare il sonnolento panorama teatrale italiano. Nato a Ravenna nel luglio del 2004, è formato da Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura, che (come sempre più spesso accade) provengono tutti da campi artistici disparati e sono costantemente impegnati in collaborazioni con altri importanti gruppi e compagnie nazionali. Vincitori del premio speciale GD’A – Giovani Danz’Autori nel 2005 con il loro primo lavoro Namoro, (co-prodotto dal City Arts di Dublino), i Nanou sono stati protagonisti in questi anni di molte delle principali vetrine del nuovo in Italia: Fabbrica Europa, Danae Festival, Interplay, Ipercorpo, Drodesera, Santarcangelo dei Teatri.

Poco prima della fine dell’anno, dal 18 al 21 dicembre, saranno al PIM Spazio Scenico di Milano (uno dei pochi luoghi teatrali interessanti, in una città che resta cronicamente indietro) per quattro repliche di Sulla Conoscenza Irrazionale dell’oggetto, penultimo lavoro realizzato dalla compagnia, dopo Desert-Inn (2006) e poco prima dell’ultimo, folgorante Motel – Prima Stanza (2008). Più che uno spettacolo, una sorta di cerimonia, officiata da strane figure ricurve, bestiali, che esplorano uno spazio a loro familiare ma ostile. Personaggi che sembrano arrivare da un aldilà non meglio definito, e che attraverso lo spettacolo giungono una prossimità per lo meno inquietante con il nostro sguardo. Ne parliamo con Marco.

Dare una definizione è sempre difficile, ma se mi costringessero a definire questo lavoro userei le parole “straniante”, “onirico”, “perturbante”. Ma sono solo tentativi malriusciti di racconto. Vediamo innanzitutto di capire da dove nasce questo spettacolo.

Sulla Conoscenza Irrazionale dell’oggetto nasce dal concetto di bestialità applicata ad un esercizio affrontato da Alberto Giacometti, che noi abbiamo incontrato nei suoi Scritti (ed. Abscondita) e applicato alla pratica del corpo durante il lavoro di sala.

E’ un lavoro che ha impegnato la compagnia per un anno e mezzo di prove quasi quotidiane. Il corpo voleva scappare continuamente dalla “figura” e voleva “cambiare il tempo” provocando una continua aggressione, uno sfondamento a 360°. E piano piano, da piccole intuizioni iniziali, si è delineato il passaggio da “figura” a “figuro” che aggredisce continuamente lo spazio e attraversa l’azione come piombato dall’alto, senza trasformazione. Questo delinearsi di “figuri”, e quindi di “personaggi”, ha dato l’incipit per la possibile lettura di un racconto, che non abbiamo volutamente strutturato come lineare.

Si è aperta così una piccola falla, un erotismo, un’attrazione rispetto a questi esseri umanoidi che abitano lo spazio, che tentano di afferrarsi senza mai trovarsi.

Le luci e le musiche dello spettacolo sono componenti fondamentali dello spettacolo: riguardo a questi due elementi, come si suddivide operativamente il lavoro all’interno del gruppo?

Difficile definire la demarcazione dei ruoli fra me, Roberto e Rhuena. Siamo un gruppo e come tale la gerarchia è orizzontale, così come le competenze. Ognuno di noi ha delle peculiarità, ma i risultati non sono così “privati”. Molti elementi, in particolare per Sulla Conoscenza, sono il frutto di questa orizzontalità e del costante lavoro di sala per prove ed errori, soprattutto per quanto riguarda le luci, visto che non è il campo di nessuno di noi. Non so più chi ha messo per primo il neon e la torcia. E’ successo in sala e insieme abbiamo capito che corrispondeva esattamente a ciò che cercavamo e integrava gli altri elementi.

Per quanto riguarda il suono, Roberto è il sound designer, ma insieme tracciamo le linee di lavoro e discutiamo sulla realizzazione. Così come per il montaggio, per la coreografia, per le luci, tutto è messo in campo ed elaborato dal gruppo. E questo senza nulla togliere alle peculiarità di ognuno, capace di rielaborare il proprio fare sulla linea progettuale.

Più di una volta parlando di voi e di questo spettacolo in particolare ho sentito citare David Lynch. Riconoscete questa influenza?

Lynch è sicuramente un regista che, personalmente, adoro. Ma trovo limitante e fuorviante paragonare questo lavoro a quello di Lynch, poiché non ci permetteremmo mai di riscrivere la sua estetica. Lavoriamo sull’onirico, David Lynch è sicuramente un artista famoso che usa questa linea linguistica, ma non è il solo. Non dimentichiamo gli “Horror Coreani”, maestri della “bestialità”, o i quadri di Goya, di Bacon, le luci che escono dalle valige nelle installazioni di Peter Greeneway… molto del lavoro è nato dall’osservazione di quadri e di fotografie, più che da film.

E’ ormai un dato di fatto che esista una nuova generazione, che si muove quasi sempre nel disinteresse del teatro istituzionale. Sicuramente Gruppo Nanou è reputato parte di questa generazione. Voi vi sentite parte di un movimento? E cosa ne pensate del cosiddetto teatro “istituzionale”, ovvero del circuito spesso autoreferenziale e decisamente chiuso al nuovo degli Stabili?

Sicuramente, rispetto alla programmazione dei Teatri Stabili, esiste una distanza linguistica. E me ne dispiace molto. Non perché si voglia avvicinare quel linguaggio ma perché ho l’impressione che il pubblico degli Stabili potrebbe apprezzare, più di quanto si pensi, un lavoro diverso. Pochi sono i tentativi, da parte degli operatori. Ho l’impressione che ci sia timore e pregiudizio rispetto al “proprio” spettatore. E’ un peccato. Si perdono delle opportunità, sia per noi che per loro. La vicinanza con molte delle compagnie che hanno più o meno la nostra età, sta nello sforzo di ognuno, di creare un linguaggio personale. Non si tratta di età si tratta di intenti.

E non credo che questo sia sufficiente per definire un “movimento”.

A cosa state lavorando in questo momento?

Da febbraio saremo in giro e al lavoro sul nuovo progetto, Motel, una trilogia che ha già presentato la sua Prima Stanza e che vedrà il debutto della Seconda nella primavera del 2010. Il progetto è un passo importante per la nostra compagnia, soprattutto perché abbiamo attivato nuove collaborazioni che allargano, moltiplicano e approfondiscono il processo che stiamo affrontando.

Motel approfondisce la problematica, l’efficacia e la funzionalità del “Racconto”, la sua necessità e la determinazione del suo significato. Il “Racconto” come maceria di un accaduto che possiamo intuire o immaginare, perciò lo definiamo sempre “fuori dalla finestra”. Il dramma non è presente nella scena.

INFO: pimspazioscenico.it [ tel 02.54102612 ] / grupponanou.it

Matteo Torterolo

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