Friedrich Schelling già nel XVIII secolo riconosceva all’arte la facoltà unica di saper riunire, fino al paradosso, gli opposti, realizzandone una sintesi. Questo concetto – sicuramente mutato nel tempo – è ancora vivo nella trasposizione performativa di artisti, interpreti e collettivi che si muovono in quell’espressione codificabile come ‘opera d’arte totale’ oscillante tra teatro fisico, danza, arte installativo-performativa e musica. Tra questi vi è, senza dubbio, il gruppo nanou.

Paradiso - Sala Cielo
Paradiso - Sala Cielo. Danzatrici: Marina Bertoni, Rhuena Bracci, Agnese Gabrielli

Dal 14 al 24 giugno il gruppo nanou ha messo in scena, presso lo storico teatro in stile liberty Kursaal Santalucia di Bari, la performance Paradiso, finalista ai premi UBU 2022 nelle categorie “miglior spettacolo di danza” e “migliore scenografia”. Lo spettacolo nasce nel 2020 come evoluzione della riflessione sulle possibilità dello show di “mescolare” il performer allo spettatore. Questa attitudine a invadere lo spazio si fonde, in Paradiso, alla volontà di ricreare un mondo immaginario legato all’opera di Dante, tramite l’incidenza visiva degli “specchi” di Alfredo Pirri, le abbacinanti musiche di Bruno Dorella e le luci fluttuanti di Marco Valerio Amico.
Per i coreografi Marco Valerio Amico e Rhuena Bracci Paradiso è un luogo di incontro, di possibilità e di confronto, oltre che di spettacolo. In questo caso il termine “spettacolo” traduce concretamente l’idea che il sommo poeta aveva del Paradiso nel Canto I:

Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende

Di luce risplendono la volta screziata da finte gocce d’acqua infrante sulla superficie e il pavimento specchiato voluti da Alfredo Pirri per la Sala cielo del Teatro Kursaal Santalucia diventata casa permanente – come spiega il curatore Michele Spinelli – dell’opera ambientale Passi.

Gli otto danzatori del gruppo nanou agiscono in un luogo che riflette la luce naturale catturata dal soffitto disegnato da Pirri, in uno scambio illusorio con la pavimentazione che crea un riflesso che si può definire “straniante” appena si accede in sala. Nell’impatto con il luogo si percepisce una sensazione “straordinaria” in cui lo spazio e il tempo, per i performer e per gli spettatori, si bloccano.
Gli ospiti sono invitati a partecipare alla danza che non restituisce un messaggio univoco e non segue una storia: chi si approccia a Paradiso viene coinvolto in un’atmosfera in cui il danzatore dialoga e si mescola agli astanti.

Non sono lontani in Pirri e in Amico e Bracci i riferimenti iconografici all’arte, proprio perché movimento, musica, immagine, spazio, installazione, architettura e tempo – quest’ultimo nella performance non è definito ma continuo perché lo spettacolo non ha un inizio e una fine e ci si trova già immersi in uno status quo – si mixano e dialogano tra di loro.
I danzatori con movimenti ripetuti e come seguendo orbite spaziali, si muovono tra il pubblico con i loro “allucinogeni” costumi in paillettes, attrattori e diffusori di luce. Il loro volto è filtrato da un velo, elemento dicotomico rispetto all’abbigliamento, che nasconde tratti e identità ma che rimarca la ieraticità e l’annullamento del corpo e delle sue caratteristiche, principi fondanti delle icone antiche. Questo velo a calotta sul volto che filtra la specificità della persona avvalora quel concetto “divino” e “sacrale” dell’aldilà paradisiaco.
A un tratto compare un uomo in accappatoio rosso, occhialini e pinne, un Dante metamorfizzato – quasi un soggetto nato dalla fantasia di Hieronymus Bosch – in questo immaginario collettivo Amico e Bracci portano il paradiso nella realtà, mescolando il soggetto – seppur surreale – nel contesto fisico. Un Dante che appare e si confonde con le diverse anime del paradiso.
Le semisfere colorate che si ricompongono in cerchio grazie alla rifrazione delle superfici riflettenti – forse i pianeti della visione dantesca dell’Universo – creano un gioco illusorio dettato anche dalla rottura della superficie che sembra frantumarsi e ricomporsi sotto i piedi di chi la attraversa. La sensazione creata è quella di una perdita di contatto con il terreno, amplificata dall’impressione di muoversi su una piattaforma fluttuante sul vuoto.

Pur agendo lo spazio con altre persone, ogni ospite vive un evento unico e straordinario, costruendo il proprio punto di vista: ogni Paradiso non risulta essere quello canonico riferibile all’immaginario collettivo ma si rapporta con una volontà sempre diversa a seconda di chi lo guarda; pertanto la coreografia si arricchisce a ogni performance di dettagli, alleanze e intenzioni. Qui risiede il valore aggiunto e la specificità di Paradiso. Un gioco a più livelli di comprensione e di azione che sposta l’opera dal vivo in un contesto da vedere, da sentire e da agire.

29/06/2023 - Liliana Tangorra, PAC