Il teatro, come edificio, non è pronto a spostarsi ancora una volta da sé stesso per innovare e innovarsi. Lo ha fatto nel passato infinite volte, ora non lo fa più, non può più farlo perché ingessato nelle normative che nessuno più discute e mette sistematicamente in discussione.
È necessario che il teatro si rinnovi, altrimenti l’arte se ne andrà via da lì come già fece uscendo dagli edifici teatrali, perché già altre volte il teatro era rimasto indietro rispetto a desideri e visioni degli artisti e della società. Accadde a NYC tra il 1962 e il 1964 con Judson Church, accadde con il Mahābhārata di Brook o con l’Orlando furioso di Ronconi, così fu il festival Ammutinamenti che nel 1999, dentro al porto industriale di Ravenna tra container e navi cargo, a me ragazzino appariva come lo scenario di Ghost in the Shell, per citare qualcosa di noto che faceva parte della cultura giovanile di allora.
La mia generazione ha goduto di una tensione “piratesca” che permetteva al buon senso di gestire le regole e le regolamentazioni. Si permetteva che, sotto certe dimensioni, le strutture e i modi di vivere quelle strutture potessero essere duttili e sensibili ai cambiamenti.
Lo spettacolo dal vivo vive di erotismo, di tensione, di attrazione verso qualcosa che non deve essere confortevole. Confortevole è già il divano.
Lo spettacolo dal vivo ha il dovere di innescare una sensazione di meraviglioso pericolo.
È importante che queste tensioni siano gestite dagli artisti, che ci sia una ribellione artistica verso gli spazi istituzionali, così come è importante che le istituzioni si “ribellino” e insieme, con gli artisti, si reinventi e si riformi lo spazio permettendo al il rito di tornare vibrante.
La duttilità permette la creazione di nuovi linguaggi, permette il fluire del pensiero e il suo rinnovamento.
È necessaria una politica culturale che rimetta in gioco un pericolo, un cambiamento, un azzardo verso un’attenzione sociale e collettiva. È necessario ripensare gli spazi e il loro utilizzo perché tornino ad essere punti di riferimento culturali, territoriali e riconosciuti come centri di innovazione.
Il mondo si sta muovendo verso nuove modalità di spazi, di comunità, di modi di fruire l’arte. Non possiamo permetterci di immobilizzare tutto e impedire la crescita di qualcosa di nuovo, se vogliamo che lo spettacolo dal vivo, tutto, venga ancora scelto come territorio per l’arte.
giugno 2023 - Marco Valerio Amico, La Falena n. 5
C’è una parola su cui è fondato il numero estivo de La Falena ed è «comunità», a partire dallo Speciale "Per farla finita con il teatro" che è un’istantanea senza filtri del teatro di oggi contenente 100 voci del teatro italiano in risposta a una lettera che la redazione ha composto e condiviso pubblicamente.
La Falena n°5, edita, sostenuta e distribuita dal #MET è composta da 96 pagine, 12 rubriche, 129 firme, il tutto arricchito dalla copertina e dai disegni di Stefano Ricci, dedicati a Edipo.
Nella sezione bookshop nel sito del Teatro Metastasio, , è possibile acquistare la rivista in formato digitale al prezzo di € 2,00 o in formato cartaceo al prezzo di di € 5,00 (spedizione inclusa).
Abbonamento a due numeri cartacei € 8,00.