redrum di gruppo nanou è l’evocazione di un’atmosfera; non una rappresentazione della discesa nella follia di Jack Torrance, bensì un invito a vivere lo spazio eterotopico teatrale per quello che è: un limbo tra due dimensioni opposte e sconosciute, quella reale e quella onirica.

redrum - ph. Daniele Casadio

La Sala Corelli del Teatro Alighieri di Ravenna come la grande hall dell’Overlook Hotel del film Shining, col rosso brillante dei rivestimenti che si alterna al rosso scuro, deossigenato del sangue. redrum di gruppo nanou è l’evocazione di un’atmosfera; non una rappresentazione della discesa nella follia di Jack Torrance, bensì un invito a vivere lo spazio eterotopico teatrale per quello che è: un limbo tra due dimensioni opposte e sconosciute, quella reale e quella onirica. Corpi che danzano in uno spazio a fisarmonica e preannunciano possibili metamorfosi, in un luogo di solito delimitato e riconosciuto dallo spettatore come ordinario e ordinato. Con redrum invece, varcando l’ingresso dello spazio scenico, lo sguardo si libera tra immagini evocative e proiezioni del proprio corpo e di quello altrui in altri tempi e dimensioni. Qui siamo invitati a dimenticarci delle regole e dei limiti di movimenti imposti al corpo e allo sguardo.

Con redrum, allestito lo scorso maggio in occasione del Ravenna Festival, gruppo nanou celebra i vent’anni di attività e il primo capitolo del progetto pluriennale Overlook Hotel, proseguendo la sua ricerca spaziale sulle installazioni coreografiche che aveva già avviato negli anni precedenti con Paradiso. In redrum non c’è nulla di inquietante, non ci sono i personaggi di Stephen King e Kubrick. A evocare l’immaginario cinematografico e le atmosfere sinistre di Shining ci sono però il tappeto musicale curato da Bruno Dorella, che fonde rock strumentale ed elettronica tattile, e i fari scuri e ovattati – come se fossimo all’interno di un carillon di feltro bordeaux – che ampliano un’atmosfera onirica dove personaggi circensi si muovono solitari e sinuosi, proiettano le loro ombre dorate sulle pareti, si alternano e si susseguono nelle loro incursioni e cambi di abbigliamento.

Il teatro Alighieri di Ravenna sembra quasi il set di un film dove siamo tutti comparse. Per lo spettatore, libero di muoversi ovunque, alzarsi e cambiare la propria postazione di osservazione significa diventare per qualche secondo parte della performance. La luce taglia anche il nostro viso, e forse inconsapevolmente ci disponiamo statuari intorno ai danzatori immaginando che qualcuno ci stia guardando. Non siamo invitati a interagire con i performer, ma possiamo sentirci parte dello spettacolo, essendo coinvolti con tutti i sensi. Occupare lo stesso spazio implica scambiarsi i ruoli?

Il bar della sala Corelli è aperto, e quando vogliamo prendere una pausa dall’osservazione, possiamo farci un bicchiere in silenzio. Ma anche compiendo questo gesto, ci sentiamo comparse di un film. redrum è un’esperienza totalizzante, sensuale e misteriosa, eppure non senza un elemento di calore e bellezza. Tutto avviene in slow motion, senza alcuna cronologia né drammaturgia. Lo spettacolo esplora il confine tra muto e sonoro, reale e immaginario, e sembra in qualche modo di assistere a una rappresentazione nella quale i rapporti tra i personaggi sono sì espressi attraverso la prossemica e le espressioni del volto, ma sono anche immaginati e ricamati da chi guarda. In fondo ci sentiamo un po’ nella grande sala dell’Overlook Hotel, in una stanza che prende vita e che evoca toni cupi, atmosfere avvolgenti, personaggi noir. Tutto ciò che è inanimato prende vita, ed è forse questo deragliamento della sfera spazio-temporale l’elemento più interessante e suggestivo della ricerca spaziale di gruppo nanou.

24/07/2024 - Alex Giuzio e Giulia Penta, Altrevelocità