
Paradiso - ph. Daniele Casadio - Dancers: Michele Scappa, Agnese Gabrielli
RAVENNA. Non “avere senso”, non “ricevere senso” (da chiunque o da dovunque possa arrivarci), non “dare senso” e nemmeno “dimostrare di avere senso”, non “esprimere senso”, niente di tutto questo: se ti trovi in Paradiso, allora “sei senso”. Sei senso, per il solo fatto di essere, di esserci e di essere quello che sei. Si potrebbe raccontare così, in estrema sintesi, “Paradiso” la live perfomance del gruppo coreografico ravennate Nanou, vista il 26 giugno, nel contesto del Ravenna Festival 2022 e nello spazio delle Artificerie Almagià. On stage ci sono Carolina Amoretti, Marina Bertoni, Michele Scappa, Rhuena Bracci, Emanuel Santos e Marco Maretti (a rappresentare Dante). Si tratta di una porzione di un più vasto gruppo di artisti e ricercatori che si alternano in scena nelle varie repliche. Lo spazio scenico, disegnato dal maestro Alfredo Pirri, è fatto di lastre translucide e specchianti, che aprono lo spazio a dimensioni multiple, ed è fatto anche di misteriose semisfere colorate. Il paesaggio sonoro, inquietante e denso di pensiero, è di Bruno Dorella.

Paradiso - ph. Daniele Casadio, Dancer: Michele Scappa
Non c’è azione e non c’è narrazione lineare: c’è solo il ripetersi ciclico di gesti coreografici (ideati da Marco Valerio Amico e da Rhuena Bracci) da parte dei danzatori, bendati, all’interno in uno spazio fisico, temporale e sonoro che non prevede un orientamento di sguardo predefinito, gerarchico, ma lascia che il pubblico possa attraversarlo liberamente, posizionarsi dentro o al di fuori di esso, possa viverlo continuativamente ma anche distrarsi, uscire e rientrare. Ovviamente, è evitata ogni mimesi ed anzi è una partecipazione critica quella che viene sollecitata. Perché i danzatori sono bendati? Forse perché, in questa preziosa e sofisticata immaginazione del concetto di Paradiso, e indipendentemente dall’ipotesi della esistenza o presenza in esso di (un) dio, occorre passare per una completa auto-percezione del proprio interno per giungere a quel livello di consapevolezza (ineffabile, vertiginoso) del nostro “essere senso” solo in quanto esistenza. Non è poco, ma non basta: l’attraversamento della scena da parte di un Dante buffo, improbabile e straniato (accappatoio rosso, occhialini da nuoto e pinne, passettini minuscoli e impacciati): è la rappresentazione paradossale e comica della necessaria presenza di un’alterità, senza la quale anche il (o un) Paradiso non può che ribaltarsi in inferno o in un luogo totalmente privo di vita.