Ecco sistemate le prime regole coreografiche per una prossima ricerca linguistica, perché possano accadere fortuite e inaspettate reazioni “chimiche” tra gli elementi in campo, comprendendo sguardi indiscreti e soprattutto ritrovandoci coinvolti dalle distrazioni esterne.
Paradiso, Spazio Ipogeo - Teramo
Per me, normalmente la residenza artistica è un momento prezioso, privato, in cui potersi concentrare per mettere in tavola i dubbi, le tensioni e le necessità artistiche. È il momento in cui raccogliere i pensieri collezionati nel tempo e provare a vedere cosa accade nel mischiare le intuizioni: sistemare le prime regole coreografiche perché possano accadere fortuite e inaspettate reazioni “chimiche” tra gli elementi in campo, fuori da sguardi indiscreti e soprattutto lontano dalle distrazioni esterne.
La residenza che desidero per il prossimo futuro è aperta.
Mi è capitato di lavorare a Teramo in uno spazio che, attraverso una lunga vetrata, si affaccia su un sottopasso pedonale. Quel sottopasso è il punto nodale della città per congiungere la prima periferia al centro storico. Inevitabilmente aperti agli sguardi,
abbiamo abitato lo spazio per una settimana: lo abbiamo allestito; abbiamo tenuto dei laboratori per le scuole della città; abbiamo fatto le prove; abbiamo fatto spettacolo. È stato bellissimo vedere le persone fermarsi discretamente, a qualsiasi ora del giorno o della sera, incuriositi da qualcosa che stava avvenendo ma che evidentemente sarebbe accaduto anche in loro assenza.
A Foligno e a Spoleto, in residenza, il suono che usavamo avvicinava curiosi alle porte degli spazi cittadini necessariamente aperte per il caldo. Altri sguardi si affacciavano con cautela furtiva, assistendo discretamente a qualcosa di ancora delicato e intimo.
A Bari, nella Sala Cielo del Kursaal Santalucia, per alcuni giorni ho tenuto un laboratorio durante l’apertura pubblica della mostra che inaugurava la Sala e che precedeva la performance serale. I visitatori della mostra “inciampavano” nel lavoro coreografico, assistendo a chiacchierate, ascolti musicali, tentativi compositivi. Si è permesso di assistere alla quotidianità del nostro fare e alla fragilità che la quotidianità porta con sé. Molti di quei visitatori si ripresentavano la sera per vedere la performance eseguita dalla compagnia, per approfondire quel fare in cui erano accidentalmente “inciampati”.
Non si tratta di esporre in piazze le residenze e i laboratori. Le residenze e i laboratori non sono e non devono essere spettacoli. È un equivoco che non mi interessa.
Le porte aperte, invece, possono essere generatrici di relazioni intime e private, sia per chi guarda che per chi opera. Un’azione semplice, scenica, capace di serpeggiare nel quotidiano e di far parte della quotidianità.
Questa necessità incrina per prima cosa la pudicizia che la scena ha quando ancora tutto è da comporre, quando ancora tutto e ruvido e sgraziato, incapace di afferrare le efficacie che verranno. Incrina la tutela del linguaggio e dell’azione ancora incompiuti e che si affannano nel trovare la soluzione ancora inesplorata. Incrina però anche l’essere alieno, l’essere alloctono della performance che atterra nei territori e, mostrandosi solo per la sua prestanza, oggi rischia solo di consumarli.
La residenza che immagino per il futuro ha il valore di togliere le tende alle finestre, come nelle città del nord Europa, per dare più luce diurna, per togliere qualsiasi barriera. Aprendosi a chi passeggia per le strade, l’assenza di quel velo offre meravigliosi e discreti squarci di intimità.
Ecco sistemate le prime regole coreografiche per una prossima ricerca linguistica, perché possano accadere fortuite e inaspettate reazioni “chimiche” tra gli elementi in campo, comprendendo sguardi indiscreti e soprattutto ritrovandoci coinvolti dalle distrazioni esterne.
2023 - Marco Valerio Amico, Incontro al futuro. I teatri delle residenze in Italia: un'inchiesta. A cura di Fabio Biondi e Lorenzo Donati.
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