Cosa si verificherebbe se decidessi / di definirti non già come una persona / Ma bensì come una forza.

Un ragazzo di spalle, il viso girato verso il muro di fondo, una voce monocolore enuncia istruzioni per l’uso visivo di un corpo.
Un movimento, una posizione: un’enunciazione per pochi secondi perentoria nella sua fermezza, traslata, immaginifica, che chiede a ogni passaggio di essere completata. La guardo in questo continuo mettersi al limite, al confine, e penso agli uomini di Francis Bacon che sostengono tutta la loro massa energetica compressa solo sulla punta di un alluce, o tentano di restare in equilibrio su ring trasparenti che li costringono a contorsioni “innaturali”: una continua sfida alla logica che ancora crede nella possibilità di definire la forma una volta per tutte.
In Namoro, del giovane gruppo italiano di danza Nanou, il corpo si pone in modo da apparire sempre come mancante, in un’incompletezza che permette di trasformare il luogo della danza in spazio.
Ogni figura è un montaggio erotico che si de-costruisce sulla privazione, che nasconde porzioni, che assembla anatomie incongruenti, che chiede un completamento visivo quanto mai sensuale.