Il corpo ha bisogno di tempo per cambiare le proprie abitudini e rinnovare il suo movimento, le sue capacità di soluzione dinamica e atletica. Così per cambiare i linguaggi artistici, per cambiare le abitudini sociali, per cambiare le abitudini di connessione, di esposizione tra la bellezza che l’artista crea e il territorio che l’accoglie c’è bisogno di tempo.

Alphabet: Sistema

ph. Margherita Masè

Per il sistema di produzione coreutico italiano, il sistema di residenze è un importante e necessario sostegno alla ricerca linguistica e alla produzione per tutte le piccole e medie realtà artistiche che non dispongono di spazi in cui poter lavorare con continuità.
Le residenze offrono sia una possibilità produttiva diffusa su tutto il territorio, che di cura dei prodotti artistici che hanno necessità di tempo, risorse, luoghi e strumentazioni tecniche.
È un modo, in potenza, di portare la contemporaneità nei territori periferici e quindi di far circolare nuove visioni e bellezze in luoghi più difficili da raggiungere fisicamente.
Negli ultimi tempi si stanno sviluppando importanti e virtuose relazioni tra i centri di residenza, centri di produzione e circuiti, indicando già, nella pratica, un sistema necessario per tutta la filiera dello spettacolo dal vivo.

Per migliorare questa opportunità e renderla un progetto capace di rinnovare il prossimo futuro serve più tempo e più qualità del tempo.

Il tempo:

Durante una residenza, proprio qui, in Umbria, a Foligno da ZUT, mi portarono a vedere la Calamita Cosmica di De Dominicis. All’interno del museo, mi colpì un’opera: due scheletri, uno umano, l’altro di un cane. Entrambi indossano dei pattini. Il titolo, se non ricordo male è “il tempo, lo sbaglio, lo spazio”.
Lo sbaglio sono i pattini, la velocità.
La velocità è lo sbaglio che commettiamo continuamente.
Il tempo è la questione fondamentale per qualsiasi cambiamento e innovazione.
Serve dedicare tempo, far crescere il tempo, prendersi il tempo per costruire, afferrare e offrire visioni ampie nel tempo per permeare i territori.

«È il pubblico che si espone all’opera, non viceversa.»
Diceva sempre De Dominicis. I territori si devono esporre alle opere degli artisti ospitati.

Parliamo tanto di interdisciplinarità.
Bisogna guardare alle pratiche che le altre discipline sono state in grado di innescare per migliorare anche il nostro sistema.
Nelle arti visive, un artista può essere residente per uno o due anni con assegni che permettono agli artisti di vivere in una dimensione residenziale (nel migliore dei mondi possibili, ci sono realtà che sostengono anche gli artisti con le famiglie, vedi Villa Medici). Il luogo di residenza vissuto come casa e punto di riferimento per un periodo non solo di utilità nel brevissimo periodo ma nel medio così che l’operazione possa nutrire il territorio che lo ospita, attraverso la conoscenza e il confronto.
Comprendere che il lugo della residenza debba essere inteso come spazio vuoto, attrezzato ma capace di essere reinventato dalle pratiche artistiche. Duttile e permeabile.
Allora l’artista, nel medio periodo, in stretta collaborazione con l’organizzazione residenziale, può farsi strumento e visione per la costruzione di percorsi didattici, divulgativi, pedagogici aprendo il suo tempo, il suo spazio, la sua azione artistica ai cittadini.
Così la residenza può evidenziare il suo ruolo nel Tessuto Connettivo del sistema culturale, intrecciando con la sua attività, oltre che naturalmente gli organismi di produzione, i centri di produzione, i circuiti.
Una residenza nel medio periodo può divenire un’azione transitiva:
Dare una casa temporanea (uno o due anni) a degli artisti. Curare la relazione tra l’artista e il luogo perché il linguaggio artistico permei nel tessuto sociale, diventi accessibile attraverso la meraviglia che ogni artista è capace di offrire.
Fare sì che le residenze possano immaginarsi su due progettualità, una sul medio termine, l’altra sul breve.
Fare sì che il tempo di residenza di due settimane possa essere un tempo necessario da offrire ma emergenziale, rispetto ad una attività e a una visione capace di guardare distante nel tempo e nello spazio.
Le brevità, la resa immediata, la valutazione sempre numerica e quantitativa, (quest’anno ho fatto 15 residenze l’anno prossimo voglio fare 35), immiserisce l’azione culturale.
Avere il tempo per poter studiare, verificare, costruire, reinventare e scalfire quella superficie che intende l’opera artistica solo come un passatempo, una decorazione superflua.

Naturalmente servono le risorse giuste, molto più ampie di quelle che ora sono presenti, perché gli spazi dedicati alle residenze possano essere efficienti nel costruire, offrire e generare cultura nei territori, senza ricadere sulla buona volontà e sulla resilienza delle strutture private che gestiscono.

Parliamo tanto di interdisciplinarità

Bisogna guardare alle pratiche che le altre discipline sono state in grado di innescare per migliorare anche il nostro sistema.
Nelle arti visive, un artista può essere residente per uno o due anni con assegni che permettono agli artisti di vivere in una dimensione residenziale (nel migliore dei mondi possibili, ci sono realtà che sostengono anche gli artisti con le famiglie, vedi Villa Medici). Il luogo di residenza vissuto come casa e punto di riferimento per un periodo non solo di utilità nel brevissimo periodo ma nel medio così che l’operazione possa nutrire il territorio che lo ospita, attraverso la conoscenza e il confronto.
Comprendere che il lugo della residenza debba essere inteso come spazio vuoto, attrezzato ma capace di essere reinventato dalle pratiche artistiche. Duttile e permeabile.
Allora l’artista, nel medio periodo, in stretta collaborazione con l’organizzazione residenziale, può farsi strumento e visione per la costruzione di percorsi didattici, divulgativi, pedagogici aprendo il suo tempo, il suo spazio, la sua azione artistica ai cittadini.
Così la residenza può evidenziare il suo ruolo nel Tessuto Connettivo del sistema culturale, intrecciando con la sua attività, oltre che naturalmente gli organismi di produzione, i centri di produzione, i circuiti.
Una residenza nel medio periodo può divenire un’azione transitiva:
Dare una casa temporanea (uno o due anni) a degli artisti. Curare la relazione tra l’artista e il luogo perché il linguaggio artistico permei nel tessuto sociale, diventi accessibile attraverso la meraviglia che ogni artista è capace di offrire.
Fare sì che le residenze possano immaginarsi su due progettualità, una sul medio termine, l’altra sul breve.
Fare sì che il tempo di residenza di due settimane possa essere un tempo necessario da offrire ma emergenziale, rispetto ad una attività e a una visione capace di guardare distante nel tempo e nello spazio.
Le brevità, la resa immediata, la valutazione sempre numerica e quantitativa, (quest’anno ho fatto 15 residenze l’anno prossimo voglio fare 35), immiserisce l’azione culturale.
Avere il tempo per poter studiare, verificare, costruire, reinventare e scalfire quella superficie che intende l’opera artistica solo come un passatempo, una decorazione superflua.

Naturalmente servono le risorse giuste, molto più ampie di quelle che ora sono presenti, perché gli spazi dedicati alle residenze possano essere efficienti nel costruire, offrire e generare cultura nei territori, senza ricadere sulla buona volontà e sulla resilienza delle strutture private che gestiscono.

Marco Valerio Amico

Intervento letto durante l'Incontro Nazionale delle Residenze che si è tenuto a Perugia nei giorni 10-11 settembre a San Francesco al Prato organizzato da Mic, Regione Umbria in collaborazione con le residenze umbre C.U.R.A. e Residenza HOME/Dance Gallery