Massimo Marino, Corriere della Sera

Uno spazio buio. Riverberi bluastri. Due corpi appesi al rumore di un motore o di una goccia. Due ectoplasmi prendono forma sotto la luce di una pila, nel freddo di un neon, sopra il raggio di una scatola blu. Il ravennate Gruppo Nanou è uno degli esponenti di un’onda giovanile che disegna spettacoli con i corpi, i suoni, i percorsi e le pose, al di là, ormai, della danza e del teatro, in una zona grigia di attesa, di labirintica indecisione, di oppressione. Questo studio, visto a Santarcangelo e ad Alfonsine, ha il nome significativo di “Tracce verso il nulla”. […] Si definisce attraverso i denudamenti parziali di corpi tesi allo spasimo, gli sguardi e le contorsioni, le urla ferine e i passi felpati, in un indifferente cercarsi per rendere tempo lo spazio e spazio il tempo. Slitta da un dimensione all’altra per trovare, romanticamente, un luogo possibile. Scena generazionale, immersa in un immaginario preconfezionato, mostra una sua forza rinunciataria, fatta di attese, di scarti e scatti verso l’esplosione, verso il rimpianto di un’impossibile matematica.