06/12/2011 - Intervento di Marco Valerio Amico per le 5tracce di Ravenna2019

Quando mi ritrovo in situazioni come queste, mi piace cominciare con una citazione di Francis Bacon in risposta al giornalista David Silvester:

FB: Penso che sarebbe più eccitante essere in compagnia di altri artisti che lavorano insieme, poter avere uno scambio… Sarebbe bellissimo aver qualcuno con cui parlare. Oggi non c’è proprio nessuno con cui parlare. O forse sono sfortunato e non conosco quelle persone. Quelle che conosco hanno atteggiamenti molto diversi dai miei. Ma credo che in realtà gli artisti possano aiutarsi l’un l’altro. Possono reciprocamente chiarirsi la situazione.
Ho sempre pensato all’amicizia come a una situazione in cui due persone si demoliscono a vicenda e forse in quel modo imparano qualcosa l’una dall’altra.

{David Sylvester – Interviste a Francis Bacon, ed. Skira, p. 60-61}

Nel 2005 partii da queste considerazioni, incontrate per “caso”, attraverso una lettura,
per capire che cosa realmente desideravo come artista sul territorio e dal territorio.

Nel 2005, Nanou era una compagnia di danza contemporanea appena nata.
Avevamo vinto da poco il premio Giovani Danz’Autori della rete regionale Anticorpi. Eppure ci sentivamo terribilmente soli. Avevamo la necessità, proprio perché all’inizio di un percorso, di confrontarci direttamente con altre realtà che, come noi,
stavano affrontando la complessità della costruzione di un proprio linguaggio scenico. Sentivamo con forza che tutto ciò che si era sedimentato dai “maestri”
doveva essere ridiscusso per trovare la nostra personale via, e per far questo, dovevamo trovare coetanei. Dovevamo guardare fuori dalla finestra.

E’ da questa semplicissima esigenza che è nato il progetto Aksè, AgoràKajSkené.
Aksè è una residenza artistica collettiva.
E’ un luogo, uno spazio, un tempo.
Uno spazio condiviso. Un tempo sprecato, inoperoso.
L’affermazione di una decelerazione per afferrare un’accelerazione.
Le realtà artistiche che vi prendono parte devono affrontare linguaggi contemporanei.
La scelta dei gruppi è effettuata in base alla potenziale condivisione di modalità lavorative e alle possibilità di confronto artistico.
È garantito il mantenimento dell’individualità progettuale di ogni gruppo.
Vi è un unico spazio di residenza comune.
Le prove di ogni gruppo sono aperte all’eventuale sguardo degli altri partecipanti.
Apertura multidisciplinare (danza, teatro, critica, arti visive, filosofia, antropologia, promozione).
La finalità del progetto è creativa e non espositiva.

Individuo però nella formula “Aksè” un meccanismo funzionale.
Quello che vorrei affrontare oggi è il principio che muove il meccanismo, non la forma ma il contenuto.
Penso sia più importante condividere le passioni che portano al metodo. Non il metodo. Il metodo è uno strumento che si può creare insieme. Ma lo strumento lo si può creare solo a fronte di ragioni che scaturiscono liberamente.

In questi incontri, in queste 5 tracce, una domanda è stata rivolta spesso dagli ospiti, soprattutto stranieri, qui invitati:
Perché Ravenna si vuole candidare Capitale della Cultura Europea? Che ragioni ha per farlo? Quali sono i suoi obiettivi, non per il 2019, ma per il 2020 e oltre?
E allora vorrei realmente partire da qui. Vorrei dire perché, a mio avviso, Ravenna ha la necessità e l’urgenza di diventare Capitale della Cultura Europea e quali possano essere dei desideri capaci di determinare degli obiettivi e delle metodologie per questa città.

Penso che Ravenna abbia delle risorse inestimabili. Soprattutto nel contemporaneo.

Il contemporaneo per me non è un concetto anagrafico o temporale. Non è un genere artistico. E’ un pensiero che si muove e che rimette in gioco le regole.
Un concetto che, empiricamente, ribalta le prospettive per tentare strenuamente di afferrarne di diverse.
Un’azione che prova, quotidianamente, a sfiorare qualcosa che non è esistito prima, che fallisce ogni giorno in questa ricerca ma, ogni giorno, si rimette alla prova per tentare di arrivare a questo traguardo.

Ravenna ha la necessità di pensare “contemporaneo”, ha la necessità di aprirsi e di accogliere. Ha la necessità di scambiare conoscenza, non nel senso di baratto.

Quando penso al percorso di Ravenna Capitale, non penso più al 2019.
Realmente penso al 2020. Ancor di più, penso a ciò che sta tra l’oggi e il 2020.
Penso all’importanza di costruire un percorso culturale.
Non vuol dire creare nuovi artisti. Vuole dire offrire gli strumenti, attraverso un tessuto connettivo di azioni, che possa rendere la città
“un pensiero contemporaneo”.
Questa Candidatura è uno slancio verso il futuro che sta a noi rendere meraviglioso. E’ un’esigenza del fare.

A questo proposito vorrei sottolineare due definizioni, usate in precedenza, e a me molto care: TESSUTO CONNETTIVO e CONVIVIO.

Il Tessuto Connettivo è la fascia che ricopre i muscoli, gli organi e le viscere. Riveste le cavità, forma tendini, legamenti e membrane. Crea un’unica rete che connette ogni elemento del nostro corpo in modo tale che ogni variazione in un singolo settore si ripercuote su tutto il resto del corpo. E’ una rete fondamentale per scambi di tutti i tipi, da quelli metabolici, a quelli neurologici.
Questo sistema ci consente anche di coordinare il movimento nello spazio con precisione ed armonia.

Convivio: pasto lauto e solenne a cui sono invitate più persone; – di scienza, di filosofia.

Ritengo sia importante ripensare al concetto di Evento, al concetto di Territorio.
Ritengo sia importante costruire un Tessuto Connettivo tra diversi soggetti che condividano principi di rischio, di esposizione di fragilità, di confronto.
E’ anche su questi principi che si basa la contemporaneità come concetto.
Mi piacerebbe che Ravenna potesse essere Luogo e Tempo ospitale, capace di difendere un’idea orizzontale di comunione del pensiero, un luogo solido dove poter sovraesporre la fragilità artistica e il pensiero critico perché possano crescere insieme,
rischiando, senza pensarsi più come prodotti ma come azzardi.
Vorrei che Ravenna Capitale non fosse “vetrina”.
Non penso che un’attività culturale si debba occupare di commercio, altrimenti bisognerebbe parlare di “Fiera”.
Il commercio dovrebbe accadere come conseguenza, come “errore” di calcolo, come “extra” rispetto ad un pensiero di convivialità.
Stiamo ragionando su di una membrana capace di muovere i muscoli, stiamo ragionando su di un’idea, un progetto culturale capace di essere consigliere, visione e visionario, di essere portatore e creatore di pensiero e di attività.
Un Tessuto Connettivo che si esporrà nel 2019 ma che costruirà , durante questo periodo, e sta già costruendo a partire da qui, appuntamenti, laboratori, incontri, capaci di generare, difendere, mostrare, offrire, sprecare energie, intuizioni, rischi, convivi.
Sottolineo la parola “rischio”.
Il “rischio” non è se riusciremo o meno a diventare Capitale della Cultura.
Il rischio non è se spenderemo bene dei soldi per far tornare degli investimenti.
Il rischio è non portare con slancio questa città verso un futuro necessario per molte persone che la abitano, la vivono e si impegnano quotidianamente nel reinventarla.
Il rischio è pensare mediocremente a ciò che può essere il 2019.
Il 2019, se ci vogliamo impegnare in questa azione, deve diventare il “futuro”, tanto quanto fu sconvolgente il 1969 per cui tutti potevano pensare solamente alla Luna.

Convivio come luogo dove accantonare le formalità e le difese.
Convivo come trampolino di “spreco” capace di far crescere un pensiero che, per sporogenesi, può diffondersi e “infettare”, lentamente, qualcosa di più grande, come una cultura collettiva.

Penso a una Ravenna Capitale in cui non ci sia più bisogno dell’automobile perché i trasporti pubblici possano condurci in meno tempo a Cesena, a Forlì, a Rimini, a Bologna proprio come se fossi a Berlino.
Immaginare lussi come il non avere più necessità di un’automobile.
Relazionarsi ai cambiamenti perché il cambiamento non è spaventoso.
Penso a Ravenna Capitale come l’opportunità per smettere di fare confusione tra intrattenimento e cultura, perché tutti saremo in grado di riconoscerne la differenza.
Penso Ravenna Capitale come ad un Titolo capace di accogliere qualsiasi pratica artistica fuori dalle definizioni di genere (spesso commerciali e fieristiche).
Penso a Ravenna Capitale come tentativo per realizzare le ossessioni.

Link:
http://www.ravenna2019.it

06/12/2011 - Intervento di Marco Valerio Amico per le 5tracce di Ravenna2019