12/2009 - Carlo Orsini, Rolling Stones
E’ quello che propongono i giovani della nuova scena italiana. Più sensibili al pensiero concettuale che all’idea di palcoscenico.
ARTISTI VISIVI, PERFORMER, TECNICI della scena, contorsionisti: si fatica a parlare di “teatro” con i giovani della nuova scena italiana. Tutti i loro lavori si avvicinano molto di più a tableaux vivant installativi o a eventi performativi, la cui matrice è più vicina a Bruce Nauman che a Peter Brook, i cui riferimenti visivi si rintracciano più nel pensiero concettuale che nell’idea di palcoscenico. Alcuni di loro sono effettivamente artisti visivi come Nicola Toffolini o Davide Savorani, e quella sulla scena è più un’incursione o un’estensione della loro attività artistica. Altri, come Michelangelo Miccolis, abitano la scena a cavallo dell’espressione teatrale (Romeo Castellucci) e artistico- performativa (Tino Seghal). I Pathosformel operano azioni più installabili in gallerie d’arte che in teatro, con una rafftnatezza di pensiero che indica la presenza o l’assenza del corpo tramite il suo supporto di visibilità. Gruppo nanou, i cui tentativi di classificazione li hanno avvicinati al teatro danza, se ne discostano per l’approccio concettuale e minimalista in cui è più importante l’incarnazione del pensiero nel movimento che il movimento stesso.
Visti collettivamente, questi artisti rappresentano un movimento che tenta di delineare le arti della scena come elaborazione dell”opera d’arte totale” in cui tutte le discipline convergono in modo orizzontale, senza la prevalenza di un’espressione sull’altra e che di conseguenza necessitano di uno sguardo dialettico per osservarli: mettersi in gioco per creare una propria “drammaturgia”, questa è la sftda che lanciano allo spettatore. I loro lavori non propongono una lettura univoca, ma indizi per far sì che lo spettatore sia in grado di decodiftcare in prima persona il pensiero e l’emozione di ciò che vede.