Taccuini / Il mio teatro in forma di appunti
Non si teme il proprio tempo, è un problema di spazio.
Una questione privata.
Beppe Fenoglio
Paradiso - ph. Daniele Casadio, Dancer: Marina Bertoni
Il mio taccuino è la sala prove. Ho anche un quaderno. Lo cambio ad ogni progetto. Ogni quaderno nuovo è legato al precedente. Qualche volta riporto nel nuovo ciò che ho già detto. Ho bisogno di ricordarmi le cose. Ho bisogno di riscriverle per affermarle alla ricerca di una sintesi che possa determinare un’efficacia costante nel tempo. Qualche volta ho bisogno di riscriverle per disfarle o per capire se è possibile farlo.
Decido di usare questo spazio concesso come taccuino in cui riportare alcuni appunti degli ultimi anni, segnarne di nuovi, provare a disfare qualcosa e affermarne qualcos’altro. Riparto dalle riflessioni sui due ultimi progetti di gruppo nanou:
Paradiso, una collaborazione con l’artista Alfredo Pirri e il musicista Bruno Dorella che riscrive l’idea di spettacolo come luogo attraverso una forma installativa della coreografia; Arsura, il solo coreografico che stiamo indagando io e Rhuena Bracci, un oggetto intimo e di riflessione per il linguaggio artistico di Nanou, che è attraversato dall’incontro con la band noise OvO di Stefania Alos Pedretti e Bruno Dorella. Riparto da questi due progetti perché hanno esaudito alcuni interrogativi linguistici che ci portavamo dietro da tempo e ne hanno aperti di nuovi chiarendo nuovi punti di partenza del nostro percorso artistico di compagnia.
«Ciò che è interessante negli spazi simbolici e nei sistemi di memoria è che presuppongono l’esistenza di un luogo, reale o grafico, che possiede una propria struttura e architettura»
(Bill Viola, Testi e conversazioni 1976-2014, a cura di Valentina Valentini, Sciami Edizioni, p. 54).
Lo spazio simbolico e il sistema della memoria, la sala prove: un tempo.
Da Namoro, testo dello spettacolo di gruppo nanou, 2004:
Il Tempo... non so nulla di preciso sul tempo.
Negli ultimi tempi, complice la pandemia, siamo stati molto in sala prove. Io e Rhuena ci siamo ripresi quel lusso del Tempo che avevamo agli inizi della nostra esistenza. Siamo tornati a studiare senza avere orizzonti prossimi. Non si potevano avere. Siamo tornati, con ritrovata serenità, a di- scutere del linguaggio scenico, del corpo e delle abitudini che il corpo porta con sé.
Parole chiave che ritornano da un po': evidenza, scrittura, disattesa del tempo.
Dal taccuino per il progetto Arsura, 03/03/2022:
La definizione di un corpo.
Chiarire esattamente i principi del movimento. I principi determinano la qualità e distinguono un corpo dall’altro con evidenza.
Il principio non è la forma. È il modo, il motore, l’innesco del movimento.
Definito il principio, procedere con il processo di scrittura. La scrittura non è la sequenza, per quanto sia sottile la sua differenza. La scrittura è l’analisi del movimento che lo rende esatto, ritrovabile (più che ripetibile). Permette di addentrarsi nel movimento valutandone esattamente le sue variabili (Tempo, Volume, Azione) e permette di valutarne il compimento, così come il suo deragliamento, rinnovandolo e superandolo.
Si rimane nella scrittura istantanea perché quella permette il cambiamento, la valutazione di cosa è necessario per lo spazio e per il tempo nell’istante in cui si compie. La scrittura è l’analisi per approfondire ogni esattezza, ché valuta ogni singola cellula. Il corpo con la sua azione, tutto il corpo, è immerso in tutto lo spazio.
I principi, i livelli di tempo, spazio, territorio, andamento territoriale e traiettoria, così come relazione e deterritorializzazione (disattesa del tempo), devono essere lo strumento compositivo lucido per comporre nell’istante. Questi elementi si muovono gerarchicamente sul corpo, nel corpo, e nell’agire lo spazio.
L’attenzione si sposta continuamente tra un dentro e un fuori. L’attenzione assume un moto centrifugo, si pone su un crinale tra azione e nutrimento dello spazio già in moto. Su questo crinale, la pelle diventa sensibile. Ogni cellula è parte di un tutto. Quel tutto è continuamente agito e percepito poiché anche il semplice battito di ciglia crea un cambia- mento che genera spostamento da un’altra parte.
La sala prove è il nostro luogo di incontro, di riflessione, di discussione e sorpresa, di verifica del pensiero e di generazione dell’idea.
Ho ricominciato a prendere appunti di desideri, di visioni.
Dal taccuino per il progetto Paradiso, 09/05/2021:
Lo spazio è infinito.
Il corpo è arreso all’infinito. Non si affanna per comprenderlo ma si apre per percepirlo.
Definire precisamente dei territori, mai al centro, se non per errore. Più sghembi possibili per sbilanciare di molto lo spazio. Il corpo si muove per azioni transitive, cioè sempre rapportato al fuori.
Alternare territori a spostamenti lunghissimi possibilmente mai camminando.
Il corpo è leggerissimo anche quando a terra: è capace di afferrare l’alto in un istante.
L’azione si dirige con ampiezza in tutte le direzioni.
Non c’è forza. Solo esattezza.
Ogni articolazione ha una sua direzione che coinvolge sempre il peso del tronco.
C’è un’idea di sfera, di bolla che si espande e tocca tutto lo spazio in tre dimensioni. All’interno di quella bolla, ci sono traiettorie, curve enormi di cui afferriamo solo una parte. Fuggire dai neuroni specchio: per quanto si debba percepire l’azione dell’altro poiché è spazio in movimento, rimanere nella propria identità, nel proprio progetto che si modifica nella compresenza.
La sala prove: un luogo. Un problema di tempo e di spazio.
«La pittura è divenuta una forma architettonica, spaziale, di cui lo spettatore faceva esperienza percorrendola fisicamente. La concezione più antica di un’architettura d’immagine e d’idea, di un “luogo” di memoria come i templi mnemonici dei greci, perdura nelle grandi cattedrali e nei palazzi europei, così come la relazione tra la memoria, il movimento spaziale e l’immagazzinamento (la registrazione) delle idee».
(Bill Viola, Testi e conversazioni 1976-2014, a cura di Valentina Valentini, Sciami Edizioni, p. 58).
Dal taccuino per il progetto Paradiso - riflessioni e indicazioni per il pubblico, 07/04/2022:
Paradiso è un luogo, uno spazio, un tempo.
Vi chiedo di entrare cauti come quando si entra in casa di un estraneo eppure libero. Lo stato per accedervi è quello dell’ascolto, come in montagna quando il fiatone si spezza, genera silenzio e si percepisce l’appartenenza ad un paesaggio, l’essere parte del tutto.
Eppure si è esterni come osservatori di animali selvatici nel loro habitat.
Siete liberi di scegliere il vostro punto di osservazione, nel rispetto di chi è con noi e delle “creature” che abitano in questo luogo.
Siete liberi di parlare, sempre nel rispetto dell’ambiente. Siete liberi di uscire, di rientrare, di uscire di nuovo. È il vostro tempo, il vostro desiderio di osservazione.
Poiché qui tutto accade, è sempre accaduto e accadrà anche dopo.
Ciò che oggi chiamo spettacolo è un territorio. Il territorio è il tempo in cui un’attività risiede in un luogo per affermare la sua identità e ha la natura intima della sala prove, nonché la disponibilità all’accoglienza e alla condivisione che si incontra in un luogo pre-teatrale.
Ciò che chiamo spettacolo oggi è il luogo da abitare, in cui incontrare, chiacchierare, condividere, formare nuove attitudini, generare nuove comunità estemporanee, guardare insieme un oggetto che si compone davanti i nostri occhi in maniera unica e, forse, se siamo fortunati, irripetibile.
Dal taccuino per un progetto futuro, 07/11/2022:
Cerco di organizzare il tempo perché è necessario sedimentare, lasciare che la polvere torni sul pavimento e poi scrivere nuove tracce.
Ciò che chiamo spettacolo oggi è un tempo e un’azione che richiede una enorme preparazione e collaborazione sia da parte dell’artista che dell’organizzatore che lo ospita, poiché è l’organizzazione insieme all’artista che può individuare opportunità, comunità, spazi, luoghi informali e specifici nel territorio per generare insieme unicità.
Ciò che chiamo spettacolo oggi prende un tempo sul territorio e si fa luogo.