08/09/2014 - Marco Valerio Amico, Nucleo Artzine

Dieci anni di nanou e una nuova scommessa strettamente confidenziale. Restituire il tempo dell’opera

da PiTTi | Piccoli Testi (non solo) Teorici
a cura di Roberta Nicolai e Ludovica Marinucci
TriangoloScalenoTeatro – Contrbuti degli artisti di Teatri di Vetro 8

Se nello spazio teatrale il tempo è detenuto dall’opera giacché questa intrattiene, delude, forza e sposta l’attenzione dello spettatore, il mio desiderio è tentare di restituire il tempo al fruitore. L’opera rimane li, si lascia osservare. Il corpo non intrattiene più.
Per corpo non intendo più solo quello umano. Il corpo è carne, luce, scena, suono.
Il corpo serve per distrarre, per far spostare fisicamente lo spettatore e attrarlo verso la stanza a fianco perché possa procedere nel percorso che lui sceglie di compiere.
Distrarre perché il corpo non è più l’opera, bensì un mezzo perché si possa trovare l’opera che sta a lato, sfuggente, personale. È questo corpo che si mette a disposizione per creare l’ambiente, il paesaggio offerto.
Distrarre.
Penso sia una delle parole più importanti che ho trovato durante questi dieci anni di attività. L’erotismo che tanto ho inseguito, ora lo ritrovo chiaramente solo quando sono distratto. La distrazione che attrae, che sposta, che mi sposta verso un luogo che ancora non conosco fino a trascinarmi dove io desidero restare, liberamente.
Il percorso si fa drammaturgia e dramma. Diventa importante tracciarlo con la consapevolezza che è mio e non di un altro ma non può più appartenere solo a me e quindi offro l’opportunità di disfarlo per ritrovarlo privato.
Abbandono la segnaletica, la falso, la posiziono in modo esattamente disattento.
Lascio la libertà perché possa farsi quel dramma che può essere solo intimo e personale perché offerto, scelto, ri-composto e vissuto da chi attraversa.
Diventa importante poter accedere e manipolare, tornare indietro, forse non trovare ciò che si è lasciato, perdersi, inciampare in tracce di qualcosa che si è visto, che si sapeva di aver visto ma che forse non è più perché si è spostato un poco più in là.
È la linearità del racconto che si sfalda offrendo l’opportunità di tornare indietro, muoversi velocemente in avanti, ritornare all’inizio, saltare a piè pari un tempo, senza sapere esattamente se lo si potrà recuperare per come lo si è vissuto.

Per questo progetto ho bisogno di lasciare lo spazio teatrale per permettere di camminare tra le opere, come in uno spazio museale.
È proprio al museo che rivolgo lo sguardo perché le opere si lasciano guardare, permettono una relazione in cui l’abbandono, il muoversi oltre, è contemplato, tanto quanto il chiacchiericcio che si crea tra chi osserva insieme.
Ho la necessità di lasciare lo spazio della platea che trattiene le persone sedute per accedere all’opportunità dell’incontro con l’altro che osserva con me in quell’istante senza il posto assegnato ma per condivisione di attrattive.
Parlo dell’opportunità di costruire una comunità estemporanea in cui ogni individuo sia libero di scegliere. Offro l’opportunità del disordine perché ognuno possa trovare il suo posto esatto e mobile.
Ho la necessità di lasciare che l’inizio e la fine siano dettati da una scelta personale. Rimane solo l’orario di apertura e l’orario di chiusura del luogo, il tempo di accesso.

Il corpo come il dipinto abbandona il ritmo, abbandona la necessità di riflettersi in chi guarda.

Strettamente confidenziale

Strettamente confidenziale - © Daniele Casadio - Dancer: Alessia Berardi

Scarica gratuitamente l'e-book completo a questo link:
http://nucleoartzine.com/pitti-piccoli-testi-non-teorici/

08/09/2014 - Marco Valerio Amico, Nucleo Artzine