«Con la propria identità si possono fare grandi cose»
La compagnia ravennate sarà al Teatro Rasi il 4 e il 5 marzo con l’installazione Them, in cui la telecamera riscrive lo spazio e il tempo della coreografia. «Il video è sia un elemento scenico che la possibilità di uno sguardo dall’interno»

THEM - Immagine movimento - ph. Luca Del Pia, Dancers: Carolina Amoretti, Rhuena Bracci, Andrea Dionisi
Martedì 4 e mercoledì 5 marzo (ore 20) La Stagione dei Teatri ospita al Teatro Rasi l’installazione Them - Immagine movimento, di gruppo nanou, la compagnia ravennate fondata da Rhuena Bracci e Marco Valerio Amico da poco vincitrice del premio Ubu 2024 per il miglior spettacolo di danza con redrum. Proprio con Marco Valerio Amico abbiamo fatto una chiacchierata.
Cos’ha portato il Premio Ubu alla compagnia?
«Un po’ di soddisfazione. È un momento in cui vieni riconosciuto per ciò che hai fatto, e per quanto non si lavori per il riconoscimento, fa molto piacere quando le due cose coincidono. Il premio è arrivato nei nostri vent’anni di attività e nel momento in cui abbiamo scelto di porci come punto di riferimento per realtà più giovani. Un esempio ne è Stefania Tansini, che ha accompagniamo produttivamente dal 2020. L’altro aspetto veramente molto bello dell’Ubu è rendersi conto che per alcuni artisti che stanno facendo percorsi linguistici personali come il nostro – anche azzardati rispetto al sistema teatrale e coreografico – il fatto che abbiamo vinto un premio così importante ha portato una gioia condivisa, la sensazione che non ci si debba sempre appartenere a uno stile, a una forma, ma che con la propria identità e la propria serietà si possano comunque essere riconosciuti per il proprio valore».
redrum fa parte dell’ampio progetto Overlook Hotel. A quando il prossimo step?
«Ci stiamo lavorando. Quest’anno siamo su una cosa “piccola” e intima, certi che nel 2026 arrivi la seconda installazione. Sarà un gioiellino, una concentrazione su un interprete e su un aspetto del tema che stiamo affrontando, ossia le stanze dell’Overlook Hotel. Preferisco non anticipare molto altro se non il fatto che ci stiamo rendendo conto che ogni stanza avrà un regista del ‘900 a cui fare riferimento rispetto al nostro immaginario».
Le stanze vi hanno sempre affascinato, penso ovviamente anche a Motel, perché?
«Perché sono seriali, hanno dei numeri che portano sempre con sè del mistero. Il numero matematico – sia nelle composizioni aleatorie, come quelle di Cage, che in qualsiasi studio – porta con sè sempre un mistero affascinante, che può essere risolto ma anche lasciato com’è. La serialità delle stanze: possono uguali, diverse, possono rivelare qualcosa di familiare e allo stesso tempo qualcosa di conturbante. Ogni “stanza” è capace di sorprenderci ogni volta e, dopo vent’anni, è ormai uno dei nostri tratti distintivi e affettivi».
Veniamo a THEM, che vedremo al Rasi. Un lavoro che sublima la vostra fascinazione per il video.
«Il video qui ha una doppia valenza: è un elemento scenico, nel senso che è trasmesso da tv a tubo catodico. La tv vecchia è un oggetto, non solamente un monitor, un video, un’immagine. Ha un peso rilevante. L’altro aspetto è lo sguardo del video, gestito dal vivo dalla coreografa Rhuena Bracci. Rhuena con la telecamera riscrive lo spazio, il tempo, riscrive una possibilità di sguardo dall’interno della scena. Questo dispositivo crea una sorta di prisma, una meravigliosa situazione in cui più piani vengono costruiti, gestiti e restituiti contemporaneamente. Al contempo questi piani si sfasano leggermente nel tempo perché la tecnologia a cui facciamo riferimento ha dei piccoli ritardi, dei piccoli errori affascinanti: il segnale video perde qualche frazione di secondo, una tv restituisce l’immagine leggermente diversa da come il nostro occhio guarda. Tra l’analogico e il digitale si crea una situazione immersiva. Ci si ritrova all’interno di qualcosa che si somma e si frastaglia, si separa e si ritrova nello sguardo. Them è nata come installazione online. Erano ancora i tempi del lockdown, volevamo imparare a usare la videocamera e l’idea di base era che fosse maneggiata da un corpo all’interno della scena stessa per restituire un ritmo coreografico».