Il racconto di uno spettacolo da non perdere.

Paradiso - ph. Daniele Casadio, Dancer: Michele Scappa
Fanno parte della scena italiana della danza contemporanea più sperimentale che non sempre è facile scovare ma che una volta che provi ti innamori: loro sono gruppo nanou - si scrive tutto minuscolo - una realtà fondata a Ravenna nel 2004 da tre artisti le cui rispettive specialità si sintetizzano nel linguaggio della coreografia. Non immaginatevi uno spettacolo di danza: i loro lavori sfuggono da questa definizione, la loro più grande abilità sta piuttosto nel saper creare veri e propri paesaggi dove i corpi degli interpreti danzano, agiscono o semplicemente esistono, ambienti fatti di luce, suono, materia e corpi senza ordine gerarchico fra gli elementi, dall’alta carica suggestiva e sempre molto identitari. Danno vita a una scena pensata per un pubblico che non ne fruisce in modo frontale, anzi è chiamato ad essere parte attiva dell’opera e a viverla in totale libertà, specialmente nel loro ultimo lavoro che dichiaratamente hanno pensato come “luogo di incontro”: di recente “Paradiso”, così si intitola l’ultima creazione di gruppo nanou, è stata in programma a Ravenna Festival per ben due settimane consecutive. Abbiamo chiesto direttamente a loro di raccontarci che tipo di paradiso si sono inventati insieme all’artista Alfredo Pirri, pittore il cui lavoro spazia anche nella scultura, architettura e installazione, più qualche altra curiosità sul gruppo creativo e sulla scelta di questo nome.

Paradiso - ph. Daniele Casadio - Dancer: Marina Bertoni
Considerato uno dei vostri punti di partenza nella creazione, quindi una riflessione sulle possibilità dello spettacolo in periodo post-pandemico, in quale tipo di paradiso avete scelto di far immergere il pubblico?
“Abbiamo scelto un paradiso “dal vivo”. È importante, ora, definire cosa sia la peculiarità del “dal vivo” che non si può ridurre all’implicito “hic et nunc” del teatro. Dante entra nel paradiso come unico corpo vivente, estraneo ad un universo che pre-esiste e continuerà ad essere. Si immerge completamente in un luogo. Così lo spettatore è stato immerso nelle scene di Alfredo Pirri, avvolto dal suono di Bruno Dorella e circondato dall’azione dei danzatori. Lasciando lo spettatore libero di muoversi per la scena, l’azione luminosa, sonora e coreoutica permetteva di essere consapevolmente fruita a 360°. Il gioco di riflessione, tratto distintivo del lavoro di Alfredo, amplifica anche nella verticalità questa percezione. Non si tratta di sola visione. Paradiso è un lavoro che si percepisce epidermicamente. Paradiso è dal vivo.”
Raccontando di questo lavoro, una descrizione che date è: “un’opera dal vivo che sia prima di tutto luogo di incontro”. In che modo intendete il concetto di incontro in questa dimensione - cioè performativa? Come è andata nei giorni di repliche a Ravenna? Le persone hanno davvero voglia di condividere qualcosa, con voi o fra loro?
“Nel 2013, quando per la prima volta affrontammo il formato installativo - con il lavoro Strettamente Confidenziale -, ci accorgemmo che durante il percorso labirintico da noi costruito, la gente chiacchierava confrontandosi e suggerendosi cosa guardare o ripercorrere. Rispetto a rito palco-platea, si era generato un incontro diverso tra opera e spettatore, tra spettatore e spettatore. Togliere un po’ di sacralità novecentesca dal rito di fruizione dell’opera dal vivo è il desiderio che con “Paradiso” riproponiamo cercando di innescare la possibilità di ritrovarsi, stare insieme, conversare anche dentro l’opera stessa. Stare con l’opera, insieme all’opera stessa che si modifica con la presenza dello spettatore creando un ambiente che induca a stare nell’opera, a prendersi il tempo per godersi l’opera che si evolve. Il tempo diventa un atto di libero arbitrio: ognuno dedica il tempo che desidera, il tempo che per ognuno è diversamente necessario. L’opera diventa un invito a cena, a una festa, un luogo di ospitalità in cui sostare e conoscere altre persone. Per rendere ulteriormente evidente questo invito, abbiamo desiderato un bar che facesse parte dell’opera stessa, perché accogliesse le persone e le inducesse a prendersi tempo. La sollecitazione è stata colta. Le persone sono state mediamente più di un’ora e mezza dentro l’opera e sappiamo bene che difficilmente ci rendiamo disponibili a spettacoli dal vivo che durano più di cinquanta minuti senza intervallo. Obiettivo raggiunto visto che il commento più ricorrente non è stato sull’opera ma sull’essere stati bene dentro l’opera."

Paradiso - ph. Daniele Casadio - Dancers: Michele Scappa, Agnese Gabrielli
Perché il nome “nanou” e perché è scritto tutto minuscolo?
“Nanou è una persona che non è nessuno di noi fondatori - Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura - ma ne è la somma, più qualcosa che sta nel mezzo; è un nome di persona di origine francese; un lago; una spiaggia esotica; una canzone che usavamo agli inizi in sala prove ma che non abbiamo mai usato in scena. Con il suffisso "gruppo", scegliemmo di mettere tutto minuscolo per togliere ulteriormente la personificazione ad una identità collettiva. Poi generammo consapevolmente un po' di confusione: Nanou da solo lo abbiamo sempre scritto maiuscolo. Con questa attenzione tipografica, parlando di gruppo parliamo di tutte le identità che ne fanno parte, parlando di Nanou parliamo del risultato artistico che queste entità producono come oggetto. Chiaramente è un’attenzione tutta nostra, consapevoli che sfugga di mano non appena qualcun altro gestisce la nomenclatura. C’è sempre un po’ di leggerezza in ciò che facciamo e diciamo.”
L’elemento che non può mancare perché uno spettacolo di danza contemporanea si possa definire riuscito?
“La ricerca del linguaggio quando genera lo spostamento dalle proprie certezze e desta meraviglia e il fatto che sfugga dalla definizione di spettacolo di danza.”