RIPENSANDO AL PASSATO
Mic Mele all’inizio del lockdown ha detto a MV “è il momento di ripensare al passato per immaginare il futuro”.
Poi un ritrovamento che rileggiamo come Manifesto poetico, ancora valido, ancora da raggiungere nella sua completezza, ancora guida.
NEL PRESENTE
Il tempo per MV è scandito dagli avvisi meteo.
Dan ha ottenuto un contributo della Fondazione Cariparma per proseguire con il progetto HOME. Arriveranno dettagli. Intanto segnatevi il 2 e il 3 luglio in agenda e seguitelo qui.
Stiamo ritornando in sala.
Continuiamo la panificazione.
Masa ha appena concluso il workshop di Dancing Museums in versione on-line.
Dan ha pubblicato una riflessione di Eva.
MV e Dan Torcellini hanno pubblicato la relazione sul colore presentata al convegno Lumiere Matiere.
il 25 di giugno, domani, debutta DIGGING con Masa: un film d’artista parte del progetto Frameworks.
IMMAGINANDO IL FUTURO (DAL DIARIO DI MV)
Sono nato artisticamente in un momento in cui l’Italia esplorava stravolgimenti nei linguaggi artistici e la coreografia era il pensiero più innovativo presente sul territorio.
Il paesaggio davanti a i miei occhi mi ha mostrato l’importanza della creazione di un linguaggio personale che avviene attraverso un tempo dedicato alla ricerca e alla sperimentazione per trovare poi la sua esattezza e forza nell’esposizione.
L’interesse per la pittura, la fotografia, il cinema e l’architettura mi ha portato a immaginare la coreografia come un rapporto tra visione e materia.
La materia coreografica è per me un oggetto dirompente che, con la sua capacità dinamica e “dal vivo”, è in grado di travolgere lo sguardo e l’epidermide.
La situazione pandemica ha lasciato i corpi soli, privi di quelle relazioni che la danza ha sempre praticato e reso.
Aleggia una sensazione di “proibito” nella pratica coreutica. Questa sensazione dev’essere trasformata in “erotismo”, attrazione e desiderio profondo, oggetto scatenante del movimento.
Oggi la danza ha la necessità di reinventarsi riguardando al passato per immaginare un futuro.
E’ necessario immaginare lo spettacolo non più solo su palcoscenico e reinventare formati che permettano allo spettatore, a i performers, a i coreografi un nuovo agio e una nuova relazione.
Guardo alla danza che aggredisce lo spazio e immagino l’attività coreografica in grado di creare un nuovo sistema forte e dirompente, uno spazio “erotico” che spinge la partecipazione dello sguardo, che spinge lo spettatore ad addentrarsi con la stessa curiosità di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Mi interessa proporre relazioni linguistiche che possano generare nuove attitudini e spazialità, poiché nello spazio risiede la percezione dell’uomo: ridiscutere il punto di vista, lo sguardo, la relazione con lo spettatore per poterlo immergere, fisicamente, nell’alterazione percettiva che la danza è in grado di generare.
Mi interessa costruire un territorio di confronto fra artisti e studiosi perché si possa collaborare e ridiscutere la coreografia. L’esperienza acquisita nella conduzione di incontri, residenze condivise e ricerca di altri artisti da produrre, mi ha portato a comprendere con chiarezza che nella diversità formale si riesce ad individuare una linea profonda, spogliata della somiglianza a se stessi, che permette la crescita artistica e culturale dell’interprete, dell’autore e dello spettatore.
Mi interessa affiancare il processo coreografico a percorsi di formazione perché la creazione dei linguaggi dev’essere narrata, comunicata, esperita, verificata continuamente perché non rimanga un oggetto alieno alla società. Generare un luogo dal respiro internazionale sia nell’ospitalità che nella fruizione. E’ attraverso lo scambio di idee diverse che si determinano le nuove strade da percorrere. Perché la sperimentazione ha la continua necessità di determinare la sua resa (rendimento e arresa), della sua efficacia attraverso rapporti con le scuole, con danzatori, con studiosi… con altri artisti.
La danza ha bisogno di un rapporto teorico quanto pratico. La formazione è qui intesa come l’incontro fra questi due elementi per cui il pensiero attraversa il corpo e vice versa.
Una formazione per lo sguardo che attraversi anche esperienze pratiche capaci di offrire elementi per riosservare e comprendere in maniera diversa.
Ho scelto di creare una compagnia di danza in Italia da zero nel 2004 perché desideravo mettere in pratica la valorizzazione delle singole individualità che scelgono di collaborare per un progetto comune. Per questo motivo ci siamo chiamati “gruppo”, perché ogni competenza venisse valorizzata, potenziata e sviluppata attraverso la collaborazione. Questo è stato ed è tutt’ora il mio più grande lavoro sia come coreografo, che come direttore artistico, che come responsabile legale.
Desidero mettermi a repentaglio in un ambiente nuovo per verificare il linguaggio e l’azione coltivata fino a qui.
Marco Valerio Amico
Sirkka, Finlandia, 30 maggio 2017