Dal 14 al 24 giugno gli spazi della Sala Cielo del Kursaal Santalucia di Bari ospitano Paradiso, performance di danza contemporanea di gruppo nanou di Ravenna, dopo il debutto al Ravenna Festival 2022 e le finali dei Premi Ubu 2022 come Miglior Spettacolo di danza e Migliore Coreografia.
Realizzato in occasione delle celebrazioni dantesche, la coreografia e il movimento danno vita, attraverso le composizioni musicali di Bruno Dorella e le suggestioni dell’artista visivo Alfredo Pirri, ad un’esperienza altamente immersiva per lo spettatore che “entra” nell’opera a cui sta assistendo e interagisce con lo spazio scenico.
Una performance in cui danza,  coreografia e musica vivono e respirano degli spazi architettonici della Sala Cielo, così come si esplorano a 360 gradi le potenzialità della luce e del colore in rapporto allo spazio.

L’evento di inserisce nell’ambito della personale di Alfredo Pirri intitolata “Sala Cielo, Progetti e Visioni”, curata da Michele Spinelli  e realizzata dalla Fondazione Pino Pascali. Il progetto è prodotto da Regione Puglia con la Fondazione Pino Pascali e il Teatro Pubblico Pugliese nell’ambito del Piano Strategico della cultura per la Puglia 2017-2025.

Per l’occasione abbiamo intervistato il fondatore e coreografo di gruppo nanou, Marco Valerio Amico.

Paradiso – Sala Cielo. Foto: Marco Valerio Amico.

Da Ravenna Festival all’inaugurazione della Sala Cielo del Kursaal Santalucia dopo i restauri. Ci saranno delle novità rispetto al debutto nel 2022?

Paradiso al Kursaal Santalucia è radicalmente diverso eppure identico nella natura. Da subito, da sempre, dall’inizio del pensiero sul progetto, con Alfredo Pirrie Bruno Dorella abbiamo ragionato sul desiderio di rendere Paradiso irreplicabile e quindi su come poterci portare dietro una natura del lavoro che fosse reinnescabile.
Paradiso è un incontro tra l’arte e i luoghi. Si nutre dei luoghi. Il materiale specchiante, segno peculiare di Pirri, riflette e ribalta il luogo che ospita l’azione. Lo spazio comanda perché detta lui le vie di accesso e di fuga sia per chi guarda che per la coreografia. L’equilibrio coreografico tra l’uso dello spazio, l’allestimento, la luce e il suono, rende tutto necessariamente nuovo.
In questa occasione, Paradiso agisce l’opera permanente di Pirri, la Sala Cielo del Kursaal Santalucia.

Dietro questo tipo di performance c’è un ripensamento dello spettacolo dal vivo che si è rafforzato nel periodo post pandemico. Ce lo volete raccontare?

Il teatro ha “il brutto vizio” di rinnovarsi continuamente. L’arte tutta ce l’ha. Credo che l’arte dal vivo abbia il compito di evidenziare il suo essere presente ed epidermica. Per me, con la pandemia si è chiarito quanto l’arte dal vivo possa essere luogo e tempo di incontro, di ritrovo, di avvicinamento dei corpi. Si è chiarito che il rito teatrale può, e forse deve, essere nuovamente messo in discussione per afferrare una ragione solida e inequivocabile che spinga le persone a desiderare di incontrarsi e stare vicine, scambiarsi pensieri e scoprire quanto le esperienze dal vivo, epidermiche, siano necessarie per rinnovare il piacere dell’esperienza sensoriale.

L’evento si inserisce nell’ambito della mostra di Alfredo Pirri, intitolata “Sala Cielo, Progetti e visioni” curata da Michele Spinelli. Come è nata questa collaborazione e cosa potete raccontarci invece dell’incontro con Bruno Dorella?

L’incontro con Alfredo nasce da lontano, circa quindici anni fa. Bruno lo abbiamo conosciuto più o meno negli stessi anni. Entrambi hanno visto il nostro primo progetto installativo Strettamente Confidenziale. Da lì sono nate chiacchiere e confronti, dapprima separatamente, fino a quando non si è creata la condizione per poter realizzare qualcosa tutti insieme. La progettazione per le celebrazioni dantesche è stata quell’occasione che ci ha permesso di scrivere il progetto Paradiso e di agire insieme per la sua realizzazione.

Presentare un lavoro di insieme nella Sala Cielo, opera permanente di Alfredo, è stato quasi un naturale decorso perché il segno di Alfredo è presente in ogni mattone di quello spazio e la coreografia e il suono ne fanno parte naturale perché nati insieme anche al suo pensiero. Durante questi giorni di allestimento e prove, non abbiamo fatto altro che confermarci quanto l’equilibrio trovato fra noi, fra i tre linguaggi, sia esatto per questo luogo.

La possibilità di dar vita ad uno spazio scenico immersivo per lo spettatore è un’esperienza tutte le volte unica e irripetibile. Come si costruisce una memoria collettiva di ciò che è andato in scena in questo caso?

La memoria collettiva è l’esperienza e non il dettaglio. Il sistema coreografico è costruito perché per ognuno, ogni giorno, sia diverso se non in compresenza. Eppure il cuore del lavoro è sempre lo stesso con la sua chiara ed evidente identità. Si potenzia la soggettività di una esperienza collettiva. Le memorie differiscono, progettualmente. È come mettere insieme fatti e opinioni, così uguali eppure diversi.

Paradiso – Sala Cielo. Foto: Marco Valerio Amico.

La percezione del singolo spettatore è quella di trovarsi fuori dai consueti parametri spazio temporali come richiede appunto la terza Cantica. Diversi critici teatrali hanno parlato a proposito dell’arte visiva di Pirri di “spazialità della luce”. Nelle vostre coreografie anche il colore ha una forte connotazione spaziale, come emerge da un vostro studio coreografico del 2017 proprio su questo…

Il colore altera la percezione dello spazio quanto l’accensione o lo spegnimento della luce. Ciò che viene comunemente chiamata “decorazione” e a cui spesso viene attribuito un significato di diminuzione del valore e dell’importanza, nella sua natura primaria è il dettaglio che ci permette di percepire diversamente le cose. Una stanza colorata di rosso o piastrellata d’oro, un dettaglio che può riflettere la luce naturale del sole cambiando la magnificenza di uno spazio pubblico, sono elementi fondamentali che possiamo trovare in tutta l’architettura antica, medioevale, rinascimentale e moderna.
Con Alfredo abbiamo scelto dei colori che richiamassero gli acquerelli, che traducessero lo spazio e l’azione in una condizione pittorica.

L’uso della luce è stato elaborato in termini coreografici creando spazi per i corpi e in dialogo con le azioni. La luce e il colore fluttuano nello spazio e nel tempo costruendo una partitura musicale. Il danzatore si muove tra la luce e ne riscrive i pesi sentendola come ulteriore corpo con cui muoversi e riscrivere l’equilibrio dello spazio. La luce è tempo così come lo sono l’azione e il suono. Insieme si determina un dialogo sinfonico per costruire e scrivere un continuo nuovo equilibrio.

… così come il rapporto tra il corpo e lo spazio che occupa in scena, sia quello dei danzatori che, soprattutto in Paradiso, quello dello spettatore che “entra” nel Paradiso

In Paradiso, come sottolinei tu, lo spettatore è un corpo, è un peso, è uno sguardo che continuamente riscrive l’azione perché il danzatore ricalcola traiettorie attraverso principi coreografici che contemplano la presenza randomica di uno sguardo sconosciuto. Per questo la danza si fa presenza, oltre che visione. L’azione avviene alle spalle tanto quanto di fronte. Lo spettatore è circondato e portato all’interno dell’ambiente. Pur rimanendo corpo estraneo, come Dante, lo spettatore entra ed è immerso nell’ambiente perché è lo stesso ambiente che lo circonda.

Paradiso – Sala Cielo. Foto: Marco Valerio Amico.

Oltre ai versi danteschi avete avuto altre fonti di ispirazione per creare questa esperienza così totalizzante?

Tante. Tantissime altre fonti. Al cubo poi perché siamo tre entità autoriali. Sarebbe troppo lungo elencarle tutte. Preferisco mantenerle segrete. Eh. Magari ce le raccontiamo dal vivo, durante Paradiso.

Paradiso è prodotto da Nanou Associazione Culturale, Ravenna Festival con il contributo di MIC, Regione Emilia-Romagna, Comune di Ravenna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

19/06/2023 - Anna Cavallo, TheatrOn